Purcidduzzi salentini e Cartellate

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Se si domanda a un pugliese qual è il piatto tipico natalizio della sua terra, verrà prevalentemente indicato un dolce, molto probabilmente i Purcidduzzi salentini e le Cartellate baresi. Queste preparazioni portano con sé una mescolanza di profumi e sapori propri di quel periodo dell’anno, della propria infanzia, della propria famiglia.

purcidduzzi, struffoli
Purcidduzzi salentini ©SaraTM via Canva

Gli antichi contatti arabi e spagnoli hanno influenzato certamente la produzione dolciaria pugliese, ma gli elementi impiegati per la preparazione provenivano e provengono dalle nostre campagne. Mandorle, miele, grano, fichi, mele cotogne, ricotta, olio d’oliva costituiscono le buone materie prime adoperate per preparare dolci semplici come le cartellate e dolci più elaborati e ricchi come il pesce di pasta di mandorle dell’antica tradizione dei monasteri femminili pugliesi. E così, nonostante le differenze di forgia e le varianti gergali, quei preparati, tanto diversi da provincia a provincia, hanno in comune i prodotti della nostra terra.

I purcidduzzi salentini e le cartellate baresi, ad esempio, si preparano con medesimi ingredienti e secondo un procedimento molto simile. Le cartellate sono il dolce natalizio per antonomasia della tradizione popolare della Puglia. Da un impasto di farina, olio e vino bianco secco si ricavano delle fettucce di pasta che vengono modellate a comporre una spirale, con un disegno che ricorda una rosa, ricca di piccole concavità e interstizi che, dopo la friggitura, devono raccogliere il vino (o mosto) cotto o il cotto di fichi. Quest’ultima irrorazione e l’aggiunta finale di cannella e chiodi di garofano finemente tritati, di minuscoli confettini o di mandorle tostate, rappresentano l’elemento personalizzante delle cartellate, i profumi ed i sapori che riconducono al nostro Natale, alla nostra famiglia ed alla nostra tradizione.

Qui di seguito vi indichiamo gli ingredienti per una corretta preparazione dei Purcidduzzi.
La ricetta è un po’ particolare, ma il risultato sarà eccellente!

Purcidduzzi salentini ricetta originale:

Ingredienti:

  • 1 kg di farina,
  • 200 ml di olio di oliva
  • Spremuta d’arancia e mandarino
  • 1 Pizzico di sale
  • miele
  • pinoli

Procedimento:

  1. Impastate prima gli ingredienti elencati, e lavorateli a lungo.
  2. Unite poi piano piano la spremuta d’arancia e mandarino, oppure va bene solo d’arancia, insieme ad un pizzico di sale.
    La quantità di spremuta necessaria, è quella che fa si che l’impasto sia omogeneo.
  3. Quando l’impasto ormai è pronto, tagliatelo a pezzettini e con l’aiuto di una grattugia, girateli al rovescio schiacciandoli e facendoli scivolare verso il basso.
  4. Questi piccoli gnocchetti di Pasta, i Purcidduzzi Salentini, metteteli a scaldare nell’olio in una pentola e friggeteli. Fate attenzione che la temperatura dell’olio non sia troppo elevata.
  5. Quando i purcidduzzi saranno dorati, scolateli e fate assorbire l’olio.

Il sasanello gravinese è un tipico dolce della tradizione pugliese, in particolare di Gravina in Puglia. È realizzato con semplici ingredienti: farina, zucchero, vincotto di fichi e cioccolato che gli conferiscono il particolare colore scuro. Il profumo gradevole è invece dato dalla scorza di arancia e dalla cannella. Questo dolce, con il suo sapore inconfondibile, allieta non solo le festività natalizie ma qualsiasi altro periodo dell’anno, dato che non si gusta più soltanto a Natale ma ogni occasione è buona per apprezzarlo, per di più anche perché è molto facile da preparare in casa.

Infatti, anche se si può acquistare nei forni o pasticcerie di Gravina in Puglia e di molte altre località pugliesi della Murgia, il sasanello gravinese si può realizzare in poco tempo a casa propria.

Sasanello gravinese
Sasanello gravinese

La ricetta del sasanello gravinese:

Ingredienti:

  • 250 g di farina 00
  • 250 g di semola di grano duro
  • 150 g di zucchero
  • 100 ml di latte
  • 50 g di cacao amaro
  • 300 g di vincotto di fichi
  • 150 g di cioccolato fondente fatto a pezzetti grossolani
  • 50 g di olio extravergine d’oliva
  • 10 g di ammoniaca per dolci
  • scorza di mezzo limone non trattato
  • scorza di mezza arancia
  • un pizzico di cannella

Procedimento:

  1. Unire le due farine in una ciotola e, dopo aver fatto un buco al centro, aggiungere lo zucchero, la scorza del limone e dell’arancia, la cannella, il cacao e l’olio.
  2. A parte, in un pentolino, scaldare un po’ di latte a cui aggiungere l’ammoniaca per dolci in modo da farla sciogliere.
  3. Aggiungere il latte agli altri ingredienti e mescolare con un cucchiaio, quindi aggiungere il vincotto e impastare con le mani.
  4. Versare il resto del latte fino a che il composto non risulti liscio e morbido.
  5. Incorporare il cioccolato fondente tritato e continuare ad impastare il composto.
  6. Formare i sasanelli aiutandosi con un cucchiaio unto di olio: sarà sufficiente prelevare un po’ di impasto e adagiarlo su una teglia ricoperta di carta da forno e dargli la tipica forma tondeggiante.
  7. Infornare i sasanelli in forno caldo a 180° per 10-15 minuti dopo aver spolverato un po’ di zucchero semolato sulla loro superficie.

Il profumo speziato e il sapore straordinario di questo dolcetto morbido, lo rende perfetto per accompagnare un caffè o una tisana durante le proprie merende.

Curiosità sul sasanello gravinese

In origine, il sasanello gravinese veniva preparato durante i matrimoni o le feste nelle famiglie di medio-basso ceto. Oggi si prepara soprattutto a Natale ma è possibile gustarlo in tutto il periodo dell’anno e, sebbene sia tipico della Murgia pugliese, lo si prepara con piccole varianti anche in altre regioni del Sud, dove è conosciuto anche con il nome di “mustazzolo”.

La puccia è una pagnottella lievitata e “condita”, ormai tanto famosa da essere diventata uno dei simboli della gastronomia salentina. Ogni panetteria pugliese, tra i tanti pani tradizionali, vende le pucce; ma esistono anche vere e proprie puccerie, una sorta di originalissimi “fast food regionali”, esclusivamente dedicate a questo gustoso panino (le migliori cuociono la puccia nel forno a legna).
Sembra che l’etimologia della parola puccia derivi dal latino buccellatum, nome del classico pane rotondo (composto da olio, semola e acqua ), cioè “pane da trasformare in buccelli, piccoli tozzi, bocconi”. Anche se in origine la puccia era il pasto povero portato nei campi dai contadini al lavoro, oggi rappresenta uno degli dei cibi di strada più amati e consumati della regione, tanto da divenire il cibo cult di ogni turista in vacanza nel Salento.

Puccia salentina
Puccia salentina ©milla1974 via Canva

Esistono davvero molte versioni di puccia: morbide, croccanti e condite con gli ingredienti più disparati, da quelli tradizionali a quelli che incontrano i gusti più moderni, con pomodoro, salumi e formaggi.
La puccia probabilmente più famosa è quella con le olive nere – puccia cu’ ’lle ulie – le “celline di Nardò”, varietà locale di piccole olive che regalano all’impasto un colore e un profumo fruttato davvero particolare!
Altra puccia molto conosciuta è la puccia caddhipulina, preparata nella città di Gallipoli il 7 dicembre, la vigilia della festa dell’Immacolata Concezione: per consentire alle donne di seguire i riti religiosi senza l’incombenza della cucina e per osservare il digiuno come penitenza in vista della festa, il pasto della vigilia è costituito da una frugale puccia condita con acciughe sotto sale e capperi, oppure con l’aggiunta di tonno, pomodori e olio extravergine d’oliva.
A Taranto, invece, c’è la puccia alla vampa, una puccia di semola cotta al calore molto elevato del forno a legna (vicinissima alla fiamma del fuoco), in modo da avere un immediato rigonfiamento della pagnottella ottenendo l’interno molto morbido: viene farcita con il pomodoro, olio extravergine d’oliva, sale e ricotta forte, oppure con le rape stufate.

In generale possiamo dire che le pucce vengono lavorate con farina di grano tenero (in alcuni casi mista a semola di grano duro), acqua e un pizzico di sale. In molte case pugliesi, però, questa ricetta base è arricchita con olio extravergine di oliva o con patate lesse e schiacciate, due ingredienti che regalano alla puccia una morbidezza fuori dal comune.
Riportiamo qui una ricetta base, molto semplice e riproducibile, cui ognuno potrà apportare le proprie varianti e condimenti seguendo la tradizione, o la propria fantasia.

Ricetta della Puccia salentina

Ingredienti:

  • 1 kg di farina 0(è possibile utilizzare sia solo farina di grano, sia semola di grano duro, oppure un
  • 50% di farina di grano duro e 50% di semola)
  • 600 ml di acqua tiepida
  • 25 g di lievito di birra
  • 100 ml di olio extravergine d’oliva
  • 15gdi sale
  • 10 g di miele

Preparazione:

  1. Setacciate la farina nella ciotola della planetaria e unitevi il lievito sciolto in una parte di acqua insieme al miele. Azionate la planetaria inserendo la foglia e unite l’olio extravergine d’oliva e l’acqua tiepida a filo. Fate lavorare il tutto per qualche minuto e quando il composto sarà diventato una palla omogenea, unite anche il sale. Lavorate il tutto per un paio di minuti, in modo che il sale venga ben assorbito.
  2. A questo punto sostituite la foglia con il gancio e continuate ad impastare per circa 10-15 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Quando l’impasto sarà ben incordato, trasferitelo su un piano di lavoro infarinato e lavoratelo leggermente con le mani. Cercate di dare una forma quanto più possibile sferica e ponete l’impasto in una ciotola oleata.
  3. Copritela con della pellicola trasparente e lasciate lievitare in forno spento con luce accesa per circa 2-3 ore. L’impasto dovrà raddoppiare il suo volume.
  4. Trascorso il tempo di lievitazione, trasferite l’impasto sulla spianatoia e lavoratelo con le mani fino a formare un filone. Ricavate dei pezzi di impasto del peso di circa 90 g ciascuno. Prendete ciascun pezzo di impasto ed eseguite un movimento rotatorio in modo da ottenere delle sfere, che stenderete con un mattarello. Dovrete ottenere dei dischi del diametro di circa 20 centimetri.
  5. Disponete ogni disco ottenuto su una leccarda ricoperta di carta da forno e infornate a 250° in forno statico per circa 15 minuti. Sfornate le vostre pucce e lasciatele freddare, dopodiché tagliatele a metà e farcitele secondo i vostri gusti: per me un ripieno a base di crudo, mozzarella e pomodori. -Servite la puccia salentina e buon appetito.

Le pittule sono un piatto tipico della gastronomia salentina, tramandata dalle massaie e dalle nostre mamme e nonne, sono una prelibatezza che si prepara soprattutto nel periodo autunnale e invernale.

Qui vi presentiamo una ricetta per meglio comprendere la preparazione e gli ingredienti che si possono usare per gustare al meglio queste leccornie tipiche del Salento.

Le Pittule o Pettule sono delle frittelle di pasta lievitata della tradizione pugliese e possono essere preparate in differenti modalità: con lampascioni, cime di rapa, cozze, verdure, con olive nere e capperi ed infine inserite nell’impasto insieme a dei buonissimi pomodori secchi e poi ancora con gamberetti, calamari, baccalà oppure con cavolfiore.

Insomma sono un piatto nutriente, facile da preparare e che si presta a tutti i gusti, anche a quelli più particolari.

pittule salentine
pittule salentine ©foodphotographer.puglia via Canva

La ricetta delle pittule salentine

Ingredienti:

  • 1 kg di farina
  • un cubetto di lievito di birra
  • acqua tiepida
  • sale q.b.
  • olio di oliva per friggere

Preparazione:

  1. Versare la farina in un recipiente abbastanza capiente, aggiungere il lievito sciolto nell’acqua tiepida ed il sale, lavorare la pasta a lungo fino a quando non risulterà abbastanza elastica ed omogenea.
  2. Lasciarla riposare sotto una coperta di lana, per circa tre ore.
  3. Passato questo tempo, mettere l’olio di oliva sul fuoco, riprendere l’impasto e lavorarlo ancora.
  4. La procedura per la frittura è la seguente: si prende un po’ di pasta chiudendola nel pugno della mano, con l’altra mano (sempre bagnata) si raccoglie la pallina che ne fuoriesce e si getta nell’olio bollente.
  5. Tirarle fuori con la schiumarola quando saranno ben dorate e poggiarle su della carta assorbente.
  6. Si può utilizzare lo stesso impasto per fare le pittule “mischiate”: si prende un po’ di pasta tra le mani, la si avvolge al peperone (o a pezzettini di cavolfiore precedentemente lessati) e si passa nell’olio; oppure si può preparare un misto di cipolla tritata finemente, pomodorini, peperoncino, capperi, acciughe, sale, si unisce il tutto all’impasto e si friggono delle palline un po’ più grandi di quelle ricavate stringendo i pugni.

Per quanto riguarda i dolci, che sono una delle caratteristiche principali della tradizione gastronomica del Salento, ce ne sono di diversi tipi, ma quello che più rappresenta la bassa Puglia è il pasticciotto leccese.

Gli ingredienti base di questo dolce sono molto semplici: pasta frolla, realizzata rigorosamente con strutto bandendo burro e margarina, e crema pasticcera.

pasticciotto leccese
pasticciotto leccese ©sabinoparente via Canva

Origini del pasticciotto leccese

La sua origine risale almeno al Settecento, una delle storie più diffuse è quella che associa la nascita del pasticciotto alla pasticceria della famiglia Ascalone a Galatina durante i festeggiamenti per San Paolo, leggenda che però non trova nessun fondamento.

C’è chi invece rende tutto più semplice, dicendo che questo dolce sia soltanto una delle tante varianti del bocconotto abruzzese, data la somiglianza, oppure c’è anche chi lo fa derivare dal pasticciotto napoletano, che prevede l’aggiunta delle amarene.

Dove mangiare il pasticciotto leccese

Da Lecce in giù, il rituale della colazione prevede caffè e pasticciotto. Numerose pasticcerie sono divenute famose proprio grazie a questo dolce e sono tanti gli indirizzi dove poterlo assaggiare. Bisogna fare attenzione però a non incappare in prodotti preconfezionati e scongelati all’occasione, altrimenti si corre il rischio non solo di rimanere delusi ma anche di lasciare in bocca un sapore sgradevole. Capita spesso, purtroppo, che per velocizzare i tempi si adotta la stessa tecnica dei cornetti surgelati. Si comprano prodotti industriali che non posseggono nessuna delle caratteristiche tipiche del pasticciotto.

A Lecce si trova la pasticceria Natale, in Via Trinchese, ma pasticciotti buoni si trovano anche da Cadorna in Piazza d’Italia. Più noto a livello turistico è il Caffè Alvino in Piazza Sant’Oronzo.

Spostandosi nella provincia, a Galatina c’è la sopracitata pasticceria Ascalone, mentre a Nardò, prima di cedere l’attività, il miglior pasticciotto si trovava nella pasticceria da Egidio. Per chi desidera una versione più raffinata del dolce, nel ristorante Malcandrino di Monteroni, lo chef propone una rivisitazione giovane del pasticciotto scomposto.

Nella Masseria Stali, di Caprarica, dove la cucina di Rita e Leo Piccinno è genuina e proposta come fatta in casa, il pasticciotto leccese si trova in versione torta, che viene tagliata e servita a tranci ai commensali.
A Gallipoli si segnala la Caffetteria Martinucci e a San Cataldo la Pasticceria Nobile.

La ricetta originale del Pasticciotto leccese:

Ingredienti:

  • 500 g. di farina
  • 250 g. di burro
  • 200 g. di zucchero
  • 3 tuorli

Per la crema:

  • Mezzo litro di latte
  • 3 uova
  • 125 g. di zucchero
  • 1 bustina di vanillina

Procedimento:

  1. Per fare la pasta frolla, unire con le mani il burro e la farina. Fare una fontana e al centro mettere i tuorli d’uovo con lo zucchero, impastando molto rapidamente. Formare una palla ed avvolgerla nella pellicola, tenendola in frigo per 30 minuti.
  2. Per la crema invece, prendere una ciotola e mescolare le uova, lo zucchero e la vanillina, aggiungendo un po’ alla volta la farina setacciata. Versare il latte bollente sul composto e mettere sul fuoco, mescolando fino all’ebollizione. Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare.
  3. Formare dei dischi da 30 cm. con la pasta frolla precedentemente tirata, riempire il fondo dellostampo, versare la crema e ricoprire con il secondo disco. Ricordate di chiudere il bordo ed infornare per 20 minuti a 180°.

Varianti del pasticciotto

Il pasticciotto leccese, pur essendo molto semplice, negli anni ha conquistato il primato della pasticceria salentina ed è stato inserito nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Il modo più giusto per degustarlo è mangiarlo caldo, appena sfornato. Naturalmente, dalla ricetta base, sono poi nate numerose varianti: alla crema pasticcera si possono aggiungere confettura alle amarene, crema al cioccolato e c’è anche la versione con la pasta frolla al cacao.

Nella riscoperta della cultura del cibo pugliese il ruolo della pasta fatta in casa è stato fondamentale. Una pasta rustica preparata mischiando alla farina tradizionale di grano duro la farina di semola rimacinata, dal pallido colore giallo. L’impasto viene fatto solo con l’acqua, raramente vengono aggiunte uova come invece è tradizione della pasta emiliana o piemontese per esempio.

pasta fatta in casa
Pasta fatta in casa

Le diverse forme della pasta fatta in casa pugliese

  • La forma della pasta fatta in casa è molto varia. Le tradizionali striscioline di pasta, somiglianti alle tagliatelle possono essere realizzate in molti modi. Stendendo la pasta sfoglia sottile e poi tagliata a coltello vengono denominate trie, con le quali si fa la famosa minestra con i ceci: “ciceri e trie”.
  • Oppure con uno speciale mattarello fornito di lame ed allora prendono il nome di troccoli, dalla forma sempre di tagliatelle ma di sezione ovale. Questi vengono utilizzati per accompagnare sughi di carne (vitello o, meglio ancora cavallo) che si sfaldano nella lunga cottura.
  • Poi c’è la grande famiglia delle paste “strascinate”, ovvero striscioline di pasta la cui forma viene data con un sapiente colpo di dita trascinandole appunto sul piano di lavoro, come i cavatelli, dalla forma allungata o le famosissime orecchiette, dei dischetti di pasta che un abile colpo di indice trasforma nella pasta ideale per essere accompagnata dai sughi a base di verdure stufate, come le famose cime di rapa, di una semplicità disarmante ma dal gusto indimenticabile.
  • E poi ancora ricordiamo le pappardelle ritorte, striscioline di pasta ripiegate su sé stesse e intrecciate, le sagne ‘ncannulate, anch’esse adatte a sughi particolarmente gustosi.
  • Non manca una grande e variegata famiglia, quella dei maccheroni, pasta realizzata con l’aiuto di un ferro apposta, tagliata a striscioline e lavorata facendola scorrere sul ferretto, fino a dare la forma voluta, tra cui gli indimenticabili minchiareddi. La loro forma cava sembra creata apposta per accogliere il sugo di pomodori.

Le orecchiette alle cime di rapa sono uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica pugliese, soprattutto della provincia di Bari ma si prepara in tutta la regione. È un primo piatto che ha origini nella tradizione contadina, semplice ma davvero gustoso, immancabile nei menu di tanti ristoranti. In questa pietanza, la delicatezza e rugosità della pasta fresca si sposa a meraviglia con il sapore deciso (e a volte amaro) delle cime di rapa e delle acciughe.

La storia delle orecchiette con cime di rapa risale al periodo medievale, tra il XII e il XIII secolo, periodo della dominazione normanno-sveva, nella zona di Sannicandro di Bari. Una volta pronta, la pasta veniva essiccata in modo da poterla conservare per periodi più o meno lunghi, anche sulle navi che partivano per lunghi viaggi. Considerata dote, con l’eredità passate di madre in figlia, le orecchiette si sarebbero diffuse nel resto della Puglia e in Basilicata.

orecchiette alle cime di rapa pugliesi
orecchiette alle cime di rapa pugliesi ©katrinshine via Canva

La ricetta

Ingredienti:

  • 500 g di orecchiette
  • 1 kg di cime di rapa
  • 10 filetti di acciughe sott’olio
  • 2 spicchi d’aglio
  • olio extra vergine d’oliva q.b.
  • sale q.b.
  • peperoncino q.b.

Preparazione:

  1. Per prima cosa, pulire le cime di rapa da porre poi in una pentola di acqua salata da portare a bollore.
  2. Aggiungere alle cime di rapa le orecchiette per farle cuocere insieme.
  3. A parte, in una padella, far soffriggere l’aglio e i filetti di acciuga fino a farli sciogliere.
  4. A piacere, aggiungere il peperoncino e il sale.
  5. Scolare le orecchiette e le cime di rapa e farle saltare nel tegame con le acciughe fino a far amalgamare tutti gli ingredienti.

In abbinamento a questa ricetta, si può gustare un vino bianco corposo e morbido che stemperi l’amarezza delle cime di rapa.

Un esempio è l’altrettanto pugliese Verdeca IGT della Valle d’Itria oppure il Bianco d’Alessano.

La Cupeta salentina è un croccante di mandorle di origine araba, passato in Italia tramite la Sicilia con il suo famoso dolce la “cubaita” che prende a sua volta il nome dal dolce arabo “qubbaita”, dolci entrambi molto simili alla nostra ricetta odierna. Con la nuova stagione, pulluleranno le sagre e feste di piazza alle quali non potrà mancare il profumo di mandorla tostata e zucchero, mantecati con maestria dai cupetari ambulanti. Nei loro lucenti negozi mobili, gli artigiani della cupeta, preparano sotto gli occhi di tutti questo dolce croccantissimo con le attrezzature di una volta. Il momento in cui la cupeta ambrata al punto giusto viene versata sul marmo è davvero magico, è proprio lì che si esprime tutta la maestria di questi artigiani. Con le loro abili mani distendono, il composto, con movimenti lenti e graziosi prima di passare poi al taglio e alla vendita. Insomma, dove c’è cupeta, c’è sapore di festa! 

cupeta salentina
cupeta salentina ©margouillatphotos via Canva

Come preparare la Cupeta salentina:

Ingredienti (per 10 porzioni):

500 g di mandorle
350 g di zucchero
il succo di 1/2 limone
1 limone non trattato intero (e/o un’arancia)
1 bustina di vanillina
acqua qb

Procedimento:

  1. Immergete le mandorle in acqua bollente per pochi minuti;
  2. Lasciate raffreddare un pò e togliete la buccia. La pelle si toglierà senza alcun problema; basta “pinzzare” leggermente le mandorle. Sciacquatele per bene con dell’acqua fredda per eliminare eventuali impurità e asciugatele.
  3. Tagliuzzate grossolanamente una piccola parte (circa un quarto) delle mandorle con un coltello e lasciate le altre intere;
  4. Infornate e fate leggermente tostare le mandorle (in forno già caldo per 5 min a 180°). Una volta sfornate le mandorle saranno quindi ben asciutte senza essere abbrustolite
  5. Nel frattempo, preparate una teglia inumidendone il fondo con olio d’oliva;
  6. Stendeteci un foglio di carta forno e spennellatelo con olio d’oliva;
  7. Grattugiate la buccia di un limone (e/o arancia), insaporirà la cupeta ancora di più
  8. Versate lo zucchero e la vanillina in una pentola dal fondo spesso, unendo il succo di mezzo limone e un cucchiaio d’acqua;
  9. Fate sciogliere lo zucchero a fuoco basso mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Considerate comunque dai 15 ai 20 min di cottura
  10. Appena lo zucchero inizia ad imbiondire (deve raggiungere un colore dal dorato all’ambrato, mai troppo scuro!!!) e prende la consistenza dell’olio d’oliva, il caramello è pronto. Eccovi di seguito, un po’ di foto per illustrarvi lo stato di avanzamento della cottura del caramello.
  11. Quando lo zucchero è dorato e inizia a fare delle piccole bolle, aggiungete le mandorle (sempre mescolando) e spegnete i fornelli
  12. Versate velocemente il composto sulla carta forno (attenzione! non bruciatevi il composto sarà bollente – circa 140°!!
  13. Date la forma che desiderate al croccante (in teoria, livellate portando il composto a 1/2 cm di spessore) aiutatevi con una spatola in inox o altro;
  14. Fate raffreddare (mezz’ora – un’ora) e tagliate a quadretti o a rombi quando è ancora tiepido. Noi onestamente, preferiamo tagliarlo grossolanamente con le dita;
  15. Fate raffreddare completamente il composto prima di servirlo (circa 4 ore)! La cupeta va conservata in luogo fresco e asciutto (d’estate, meglio in frigo). Condividi la ricetta della cupeta salentina con i tuoi amici e/o parenti!

Le cozze sono un ingrediente molto utilizzato nella cucina tipica pugliese: vengono impiegate in primi piatti, in secondi gustosi o ancora in ricchi antipasti. Un esempio di antipasto (o secondo) in cui vengono usate sono le cozze arraganate pugliesi (cioè gratinate), un piatto che in tutta la Puglia viene fatto con piccole varianti ma in ogni caso sempre molto apprezzato. In salentino questo piatto è chiamato “cozze racanate”.

Per la ricetta delle cozze arraganate, oltre alle cozze (che vanno aperte a crudo) sono necessari pochi semplici ingredienti per un antipasto di sicuro effetto e facile da preparare.

Cozze arraganate
Cozze arraganate ©valeriopardi via Canva

Ingredienti:

  • 1 kg di cozze
  • 2 uova
  • 100 g di pecorino grattugiato
  • 200 g di pangrattato (o pane raffermo sbriciolato)
  • un ciuffo di prezzemolo
  • 1 spicchio d’aglio
  • vino bianco q.b.
  • olio extravergine d’oliva q.b.
  • pepe q.b.

Procedimento:

  1. Per prima cosa, lavare accuratamente le cozze sotto l’acqua corrente e pulirle, quindi aprirle a metà con un coltello ed eliminare la valva superiore.
  2. Posizionare tutte le cozze in una teglia da forno, una accanto all’altra, e cospargere sopra un filo d’olio extravergine d’oliva.
  3. A parte, sbattere l’uovo con il pecorino, il pepe e il prezzemolo e versarlo sopra le cozze.
  4. Prima di infornare, cospargere sopra le cozze il pangrattato, altro aglio e l’olio.
  5. Infornare per 20 minuti a 200° e, a metà cottura, sfumare con un po’ di vino bianco.

Ci si accorgerà che il piatto è pronto quando le cozze avranno assunto un bel colorito dorato.

Varianti delle cozze arraganate

Per una variante ancora più ricca delle cozze arraganate, è possibile aggiungervi anche della passata di pomodoro.

Gli ingredienti per questa variante sono:

  • 2 kg di cozze
  • 150 g di mollica di pane
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • un ciuffo di prezzemolo
  • 1 spicchio d’aglio
  • un cucchiaino di origano
  • tre cucchiai di passata di pomodoro
  • olio extravergine d’oliva q.b.
  • sale q.b.
  • pepe q.b.

Procedimento:

  1. Per prima cosa, lavare accuratamente le cozze sotto l’acqua corrente e aprirle a crudo.
  2. Versare in una teglia due cucchiai di acqua salata, quindi adagiare uno strato di cozze.
  3. A parte, preparare la passata di pomodoro aggiungendo la mollica di pane, il prezzemolo, l’aglio, l’origano, l’olio, il sale e il pepe.
  4. Versare questo composto sulle cozze, quindi cospargere un filo d’olio.
  5. Cuocere in forno caldo a 200° per 10-15 minuti e a metà cottura sfumare con del vino bianco.

Condividi la ricetta della cozze arraganate pugliesi con i tuoi amici e/o parenti.

Tante sono le ricette della tradizione natalizia pugliese ma sicuramente fra i più gustosi e apprezzati ci sono le cartellate, un dolce che presenta delle piccole varianti a seconda della parte della regione in cui si preparano. Le cartellate pugliesi sono un dolce fritto e croccante dalla forma simile a dei nastri arrotolati o delle rose che possono essere ricoperte con miele o vincotto ma sono buonissime anche gustate da sole, se lo si preferisce. Riunirsi in famiglia per prepararle tutti insieme è un rito diffuso in molte case: un’occasione per incontrarsi e tramandare anche alle generazioni più giovani, una ricetta che non tramonta mai e di cui si hanno testimonianze sin dai tempi degli antichi greci e degli antichi romani e che a Bari è comparso in un resoconto del banchetto matrimoniale di Bona Sforza del 1517. Nella ricetta delle cartellate pugliesi ci sono pochi e semplici ingredienti: farina, olio, vino bianco, per ottenere un dolce semplice ma gustoso che accompagnerà i fine pasto delle festività natalizie.

Cartellate pugliesi
Cartellate pugliesi ©Sabino Parente via Canva

La ricetta originale delle cartellate pugliesi

Per la ricetta delle cartellate pugliesi occorrono:

  • 1 kg di farina
  • 200 g di olio di oliva
  • 200 g di vino bianco
  • Sale q.b.
  • 1 lt di olio di semi d’arachidi
  • vincotto di vino o di fichi o miele

Procedimento per preparare le cartellate

  1. Per prima cosa lascia intiepidire l’olio di oliva e il vino bianco in un pentolino a fiamma bassa quindi, una volta intiepidito, aggiungi questo composto in una ciotola a cui aggiungere un pizzico di sale e la farina setacciata.
  2. A questo punto, impasta il composto a mano oppure con un impastatore elettrico e, se ti rendi conto che l’impasto lo richiede, aggiungi dell’altro vino bianco. Il risultato deve essere un composto liscio ed omogeneo che farai riposare per circa un’ora.
  3. Trascorso questo tempo, con l’aiuto di un matterello rendi sottile l’impasto e taglia delle strisce di 2 cm di larghezza servendoti di una rotella dentellata.
  4. Attorciglia le strisce di pasta su sé stesse per ottenere la forma tipica a corona delle cartellate e lasciale riposare per una notte.
  5. A questo punto si può procedere con la frittura in un litro di olio di semi di arachidi: le cartellate sono pronte quando avranno assunto un bel colorito dorato.
  6. Per la decorazione, fai scaldare il vincotto in un pentolino per qualche minuto, quindi immergi le cartellate. Per il miele, invece, sarà sufficiente cospargere le cartellate aiutandosi con un cucchiaio. A piacere si può spolverare sulla superficie un po’ di cannella, zucchero o scaglie di cioccolato.
Cartellate pugliesi
Cartellate pugliesi ©Clemarca via Canva

Curiosità sulle cartellate

L’etimologia della parola cartellate potrebbe rimandare alla parola “carta” o “incartellare” (cioè “incartocciare”) oppure provenire dalla parola greca “kartallos” cioè cesto a forma puntuta.

Le cartellate hanno diversi nomi a seconda dei posti in cui si preparano: a Bari, ad esempio, sono dette “carteddate” o “scartilléte” ma anche “péttue”, “chelustre” o “sfringioli”. A Gravina in Puglia sono chiamate “chiòsere” mentre nel Salento “cartiddate”. In provincia di Foggia, a Lucera sono dette “crùstele”, a Torremaggiore “névele”, a San Giovanni Rotondo “carangi”.