Il Natale pugliese a tavola
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Il Natale è la festa più magica dell’anno che porta con sé infinite tradizioni, riti, leggende, proverbi e detti popolari, che uniscono il sacro al profano. È sicuramente la festività più sentita ed è innanzitutto un momento di aggregazione e unione da trascorrere con i propri cari: io stessa, salentina, non manco per essere in compagnia, in quei giorni, della mia famiglia! Il periodo natalizio è perciò un periodo congeniale per vivere e visitare il Natale in perfetto stile pugliese, soprattutto a tavola.
La preparazione di cibi tipici del periodo natalizio è un pensiero che assilla le nonne salentine ben presto! Facciamo allora un tuffo nel Natale del passato, per vedere come questa festa veniva vissuta dai nostri antenati. Secondo la tradizione, i piatti del pranzo di Natale dovevano essere tredici anche se, in passato, le condizioni economiche della famiglia non erano certo molto buone ed allora si contavano anche gli ingredienti per poter arrivare al canonico numero tredici. Sicuramente non potevano mai mancare ciciri e tria, i purciddhuzzi e le ncarteddhate.
Purciddhuzzi
I purciddhuzzi, così chiamati perché essi avevano la forma del muso di un porcellino, con un impasto simile alle cartellate e aromatizzato agli agrumi, fritti in olio bollente e decorati con confettini, sono una ricetta di derivazione persiana, portata dagli Arabi in Spagna e poi dagli Spagnoli in Puglia.
Ncarteddhate
Le ncarteddhate, dal nome “incartocciate” e dalla forma arabesca, sono spirali di pasta dolce fritte e poi immerse nel vino cotto. La loro forma ricorda una rosa ma la tradizione le associa anche all’aureola di Gesú Bambino. Anche queste fritte e poi “confettate” e cioè passate nel miele riscaldato e poi cosparse di zuccherini, erano servite insieme ad altri dolci, come gli anisetti, che erano dei piccoli e policromi confetti, simili a chicchi di grano. Si possono gustare fragranti mentre si fa shopping natalizio alla Fiera di Santa Lucia o a quella dei Pupi in piazza Sant’Oronzo, due momenti fondamentali del Natale leccese. Alcuni studiosi fanno derivare questo dolce da una specialità marocchina, anzi dal dolce più tipico del Marocco, la cebakeia, preparato durante il periodo del Ramadan.
Pesce di pasta di mandorle
Ulteriore usanza culinaria della Vigilia è il pesce fatto con la pasta di mandorle che richiamava il Cristo, rappresentato nell’iconografia cristiana dei primi secoli con il simbolo del pesce, che molto spesso compariva nelle catacombe dove si rifugiavano i cristiani perseguitati. Attraverso questa golosità facciamo un salto all’indietro nella storia dell’Italia meridionale poiché le sue origini risalgono al ‘700 ed è considerata un dolce diplomatico che le monache preparavano per farne dono a cardinali, vescovi e personaggi importanti. E fu proprio la nobile badessa Anna Fumarola del monastero benedettino di San Giovanni Evangelista a Lecce a introdurre l’uso della farcitura del pesce di mandorle con la “faldacchiera”, una crema di uova e zucchero.
Sembra incredibile ma ancora oggi il migliore Pesce di Natale lo producono proprio loro, le monache di clausura di questo convento di via delle Benedettine 4, fondato nel 1133 dal normanno Conte Accardo. I veri leccesi conoscono bene questo indirizzo e nei giorni prima di Natale fanno la fila alla porticina laterale del convento, una sorta di pellegrinaggio del gusto e della tradizione.
Le pittule
Secondo la tradizione pugliese, a Natale non possono di certo mancare le “pittule” a tavola! Queste possono essere semplici oppure dolci, zuccherate e ripiene di mela, o ancora salate ripiene di cavolfiore lesso, di cime di rape lesse o con pomodorini, cipolla, olive nere e peperoncino, o ancora con pezzetti di acciughe sotto sale. Le pittule, ottime se mangiate calde, appena tolte dall’olio di frittura, potevano essere accompagnate da lu cottu, cioè il vin cotto, e, insieme alle pucce e ai taraddhi, accompagnavano tutto il periodo natalizio.
I mostaccioli
“Li Mustazzoli” o Mostaccioli sono i biscotti simbolo del Salento e testimoniano il passaggio, nel tacco d’Italia, della popolazione araba. Si tratta di una vera e propria specialità locale, fiore all’occhiello delle fiere e delle feste patronali dove si possono incontrare artigiani del posto con le loro bancarelle, dove acquistare o assaggiare queste delizie che, fin da fine Ottocento, di generazione in generazione, rappresentano un must della loro produzione e della pasticceria salentina. I Mostaccioli sono dolci di origine araba e la loro preparazione non prevedeva l’uso del lievito. Questi biscotti, che in altre zone del Meridione d’Italia sono tipicamente natalizi, nel Salento si possono gustare in qualsiasi momento dell’anno e sono l’ideale per la prima colazione, la merenda o il fine pasto, accompagnati da un ottimo bicchiere di vino o di liquore.
Il Natale pugliese a tavola: 7, 24 e 25 dicembre
Solitamente, il 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata, molte famiglie ancora osservano il digiuno, con l’unica infrazione di consumare il pranzo con una puccia, pane bianco e spugnoso, condito con tonno e capperi e le pittule.
Il cenone della Vigilia è un’istituzione. I preparativi iniziano già qualche giorno prima, la tavola viene imbandita con tovaglie di colore rosso e argento/oro, e si serve un menu a base di pesce: spaghetti con le cozze o risotto ai frutti di mare; la tradizione vuole il baccalà come secondo e innumerevoli contorni.
Il pranzo del giorno di Natale è a base di carne: dopo una classica pasta al forno o al sugo/ragù, l’agnello con le patate è il pezzo forte.
Il 26, il giorno di Santo Stefano, molte famiglie si concedono un brodo depurativo dopo le abbuffate dei giorni precedenti. Per le famiglie più tenaci, c’è ancora spazio per un altro pranzo!
Più di un centinaio sono i castelli e i palazzi ancora in ottimo stato sparsi nel Salento e alcuni di questi sono dei veri e propri patrimoni artistici di enorme valore storico. Sparsi sulle provincie di Lecce, Taranto e Brindisi, questi castelli sono la prova delle colonizzazioni del passato e della fortificazione necessaria alla difesa delle famiglie più nobili.
Elenchiamo , quindi, i 5 castelli più belli da visitare durante il vostro viaggio nel Salento!
Castello di Gallipoli
A dominare il profilo della città vecchia di Gallipoli è il Castello Angioino Aragonese, l’imponente maniero che si erge nella zona orientale dell’isola che ospita il borgo antico, in prossimità del ponte che lega la parte vecchia della città a quella nuova.
Costruito nel XIII secolo su volere di Carlo I d’Angiò, subì radicali modifiche nel corso del tempo, fino al sedicesimo secolo, quando fu aggiunta anche una quinta torre, che serviva per difendersi dagli attacchi via mare e proteggere l’accesso alla città. É una costruzione fortificata con caratteristiche di alta ingegneria militare che si può visitare oggi. Molto probabilmente gli Angioini e gli Aragonesi apportarono delle sostanziali modifiche al castello di origine romana: la pianta quadrangolare della struttura, munita di tre torrioni e di una torre poligonale, fu quasi completamente isolata da fossati su tutti i lati. Inoltre, nel 1522, si realizzò il Rivellino, ovvero una quinta torre circolare, più bassa e più larga delle altre, in posizione avanzata rispetta alla cinta muraria. Una sorta di avanguardia nel sistema difensivo.
Oggi, l’intero Castello è stato riqualificato e grazie ad un nuovo progetto sono state create aree per la realizzazione di mostre, eventi culturali e piccoli spettacoli teatrali.
Castello Carlo V di Lecce
Il Castello Carlo V di Lecce è la stella di punta del circuito culturale del Salento, rivalorizzato in ogni suo aspetto e funzione e trasformato in una suggestiva scenografia per eventi culturali di vario tipo, dalle mostre artistiche alle manifestazioni enogastronomiche, da centro di divulgazione delle tradizioni e delle ricchezze locali.
Fu Carlo V d’Asburgo a volere la sua costruzione che adesso si trova in pieno centro città nei pressi di Piazza Sant’Oronzo. E’ un edificio grandissimo di forma quadrangolare che ai quattro angoli ha quattro bastioni. Si entra dalla Porta Reale che da l’accesso al cortile interno del Castello. In passato l’edificio aveva una funzione militare, aveva persino un fossato lungo tutto il suo perimetro (oggi il fossato non c’è più) e ancora oggi si possono vedere le postazioni dove c’erano i pezzi di artiglieria. Poi, dal 1870 al 1979 diventò una caserma fino a quando l’Amministrazione Militare lo cedette al Comune di Lecce.
Oggi è uno spazio visitabile in cui si fanno mostre d’arte, convegni e iniziative culturali. Simbolo dell’artigianato artistico locale, la cartapesta è protagonista del museo allestito nel Catello Carlo V. Passeggiando tra le regali sale, si può ammirare una collezione di circa 80 opere realizzate dai maggiori cartapestai locali dal XVIII fino ai giorni nostri. Video, immagini e ricostruzioni di vere “botteghe” rendono la visita ancora più affascinante.
Castello di Copertino
Tra i tanti castelli che fanno bella mostra di sé nel Salento, merita una menzione speciale quello di Copertino, sito in Piazza Castello, un complesso fortificato realizzato negli anni Trenta del 1500 e completato nel 1540 dall’architetto pugliese Evangelista Menga per volontà del marchese Alfonso Granai Castriota. Quest’ultimo era un generale di Carlo V e feudatario della grande contea istituita nel 1266 da Carlo I d’Angiò.
Il castello, a pianta quadrilatera, racchiude al suo interno precedenti costruzioni, tra cui la torre angioina, risalente alla prima struttura. Il maniero, dimora di numerose famiglie nobiliari, è un importantissimo esempio di architettura militare. È circondato da un grande fossato scavato nella roccia e da quattro bastioni agli angoli.
Entrando dal portone in stile rinascimentale si accede al cortile interno, dal quale è possibile ammirare vari corpi di fabbrica, risalenti ad epoche differenti. Sulla destra c’è un portale con timpano che immette nella cappella dedicata a San Marco. La chiesetta, piccola e a pianta rettangolare con volte a botte, ospita le tombe dei marchesi, realizzate dal maestro L. A. Russo e gli affreschi realizzati dal pittore locale Gianserio Strafella.
Al piano superiore si accede tramite una scalinata scoperta che conduce alle stanze del palazzo vecchio, risalenti al 1400 e al 1500. Qui, nelle circa venti stanze che compongono il piano, abitavano i baroni. A metà scala è possibile notare i resti degli affreschi del ‘400 della vecchia cappella della Maddalena.
Il Castello angioino è il protagonista principale per le manifestazioni, eventi di gastronomia, artistici e culturali con artisti nazionali e internazionali.
Castello de’ Monti di Corigliano d’Otranto
Passeggiando per le tante vie del Salento, non potete non visitare il Castello di Corigliano d’Otranto, che rappresenta il modello più compiuto del passaggio delle architetture militari dalle torri quadre a quelle rotonde: ha infatti un impianto quadrangolare con quattro torri angolari, circondato da un profondo fossato.
Ogni torrione presenta lo stemma araldico dei de’ Monti accompagnata dalle raffigurazioni allegoriche delle quattro virtù cardinali e dai bassorilievi di altrettanti Santi sotto la cui protezione è posto ciascun torrione. Guardando la facciata principale, il torrione a sinistra è intitolato a San Michele Arcangelo la cui effigie è affiancata dall’allegoria della fortezza; il torrione a destra è intitolato a Sant’Antonio Abate al quale è affiancata l’allegoria della temperanza. Gli altri torrioni sono intitolati a San Giorgio e a San Giovanni Battista, ai cui bassorilievi sono associate, rispettivamente, le raffigurazioni allegoriche della prudenza e della giustizia.
Venuta meno l’originaria funzione difensiva, alla metà del Seicento il castello fu adattato, secondo la moda del tempo, ad esigenze estetiche e di rappresentatività della famiglia del feudatario, realizzando una facciata barocca sovrapposta alla preesistente.
Oggi è possibile visitare il Castello gratuitamente o a pagamento con guida, ma spesso sono organizzati eventi dalla cooperativa sociale Korianì, come per esempio l’osservazione delle stelle dalle terrazze del Castello.
Castello di Acaya (LE)
A pochi chilometri dalla costa adriatica del Salento, non molto distante da Lecce e Vernole, sorge il villaggio di Acaya, anticamente chiamato Segine, abbracciato da possenti mura in pietra leccese. Si tratta di uno dei castelli costruiti secondo le tecniche militari più rappresentative del Salento.
Oggi il borgo fortificato del Castello di Acaya è un punto di riferimento per numerosi eventi culturali. Molto suggestivo è il corteo storico e palio dei casati, una festa rinascimentale con nobili, dame, cavalieri, magistrati, falconieri, musici e popolani, una rievocazione storica che attira numerosi visitatori.
Il castello interamente costruito in pietra leccese, insieme al borgo fortificato, è legato alla figura di Gian Giacomo d’Acaya, architetto militare di Carlo V, che apportò numerose modifiche nella metà del Cinquecento, tanto che la città cambiò nome in suo onore, da Segine ad Acaya.
Il castello era un tempo interamente circondato da un fossato. Ha due torrioni circolari in pietra leccese e un bastione a punta di lancia a sud-est. Si accede alla fortezza da nord attraverso un androne che immetteva nelle scuderie, al di sotto delle quali vi era un tempo un frantoio ipogeo. Durante i lavori è stato rinvenuto anche un affresco tardo-bizantino, raffigurante motivi religiosi, forse pertinente ad un complesso monastico che ospitava comunità religiose di rito greco. La parte signorile e residenziale si trovava ai piani superiori ed era costituita da sei camere. Nella sala quadrata del bastione si trova un dipinto che rappresenta lo stemma dei re spagnoli.
La chiesa fu riedificata da Gian Giacomo su una medioevale già esistente, fatta costruire da Pietro dell’Acaya nel 1420. Di tale chiesa rimangono, come testimonianza, solo il Campanile e la Sacrestia.
Per concludere, se volete fare un tour dei Castelli presenti in Salento, non potete perdere questi sopra citati.
Lecce nota come la “Firenze del sud” è un museo a cielo aperto che incanta i suoi visitatori con l’esuberanza dei suoi tratti architettonici da scoprire poco a poco. Un luogo da vivere a ogni ora del giorno, quando il sole nel suo cammino incrocia la ricchezza dei suoi palazzi e crea un meraviglioso gioco di ricami e decori. Passeggiare per le vie del barocco leccese è un’esperienza musicale, dalle melodie veloci e gli abbellimenti raffinati che compaiono all’improvviso di fronte alle tante manifestazioni e testimonianze di un passato ancora vivo. Difatti, la “Lecce vecchia”, come la chiamavano i suoi originari abitanti, pare una città fuori dal tempo, sospesa tra passato e presente in un’atmosfera molto suggestiva, che ha attirato colti viaggiatori dei più lontani angoli d’Europa.
Lecce: la patria del barocco
Visitare Lecce significa perdersi tra le meraviglie del barocco, lasciandosi incantare dalle chiese e dai palazzi ricamati nella pietra, dai cortili e dai giardini segreti. Passeggiando per le viuzze del centro storico, è possibile notare quanto Lecce pulluli di storia e arte: numerose sono ad esempio le testimonianze d’epoca romana, come l’Anfiteatro e il teatro romano, ma ciò che la caratterizza maggiormente è il suo peculiare stile barocco, ribattezzato “barocco leccese” proprio perché rivisitato in maniera del tutto nuova ed originale.
Tale stile, sviluppatosi nel Seicento sotto la dominazione spagnola, si distingue per gli ornamenti sfarzosi che arricchiscono le facciate degli edifici, decorazioni squisitamente pittoresche realizzate grazie all’impiego della pietra leccese. Il più celebre esempio del barocco leccese è la Basilica di Santa Croce, realizzata tra il XVI secolo e la fine del XVII secolo, rinomata per il suo inconfondibile rosone.
Ad affiancare la maestosa opera un raro esempio di barocco sobrio, l’adiacente ex convento dei Celestini e la Cattedrale dell’Assunta con l’alto campanile che, assieme al Palazzo del Seminario e al Palazzo Arcivescovile, adornano la suggestiva Piazza Duomo, piazza chiusa e cuore pulsante di Lecce, fulcro religioso della città.
Insomma, l’arte barocca si respira in ogni angolo della città, dalle dimore gentilizie alle cornici delle finestre, dalle cappelle ai decorati balconi.
Spostandosi un po’ si trovano, sempre nel centro storico di Lecce, svariate chiese: c’è la chiesa di Santa Irene, di San Matteo, del Carmine e di San Giovanni Battista. Troviamo altri splendidi esempi di Barocco anche nella chiesa delle Alcantarine e in Palazzo Marrese.
Il barocco leccese fuori Lecce
Questo stile dalle forme elaborate, s’infiltra anche nel tessuto urbano di altri centri salentini, oltre i confini di Lecce. Un esempio di Barocco, lo si trova nel centro storico di Gallipoli, dove si trova la Cattedrale di Sant’Agata: quest’ultima ospita, oltre a una facciata ricca ed elegante, anche degli altari in stile barocco, tra cui spicca quello costruito da Cosimo Fanzago. Sempre a Gallipoli non ci si può esimere dal visitare il monastero delle Carmelitane Scalze, anch’esso in stile barocco.
Muovendosi verso sud sulla Lecce – Maglie, dopo pochi chilometri si incontra lo svincolo per Galatina. Questa città è tra i maggiori centri salentini e custodisce diverse realizzazioni barocche di valore. La più importante è la Chiesa Madre, intitolata agli Apostoli Piero e Paolo e realizzata già nel Trecento.
Tantissimi altri esempi sono:
- la chiesa Madre di Francavilla Fontana
- la chiesa di San Domenico
- la Basilica di San Martino a Martina Franca
- la Guglia dell’Immacolata a Nardò
- la chiesa del Crocifisso a Galatone
Se le città di cui abbiamo parlato custodiscono molto del barocco di Terra d’Otranto, dobbiamo però sottolineare che questa forma d’arte architettonica riuscì ad affermarsi anche in molti degli altri centri locali, compreso il basso Salento fino a Santa Maria di Leuca. Alcune testimonianze che citiamo sono la chiesa parrocchiale di Lequile, la chiesa dell’Immacolata di Cutrofiano, la chiesa madre di Castrì e quella di Tricase, ma gli esempi sono troppi per poterli elencare tutti. Anche i più piccoli paesi possono spesso vantare un loro monumento o palazzo barocco.
Lo stile barocco e i suoi colori sono una delle peculiarità del Salento e, pertanto, si è richiesto che le città salentine di Lecce e Gallipoli, capitali del Barocco, diventino Patrimonio Dell’Umanità dell’Unesco.