Calzone pugliese: la ricetta

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Come si può resistere ad un friabile involucro di pasta lievitata fritta che racchiude un goloso ripieno di pomodoro e fior di latte? Passeggiando per le strade di Lecce e Gallipoli non si può non imbattersi in qualche vetrina di qualche rosticceria in cui vengono messi in bella mostra i calzoni, questi straordinari manicaretti da gustare anche durante una passeggiata o durante la sosta al tavolino di un bar. La ricetta del calzone pugliese è una delle più replicate in Italia, per questo noi vogliamo condividiamo con voi quella originale.

calzone fritto salentino
Calzone fritto salentino

Eccovi di seguito la ricetta del Calzone pugliese

Ingredienti per circa 15 calzoni:

  • 500 g di farina tipo “00”
  • 80 ml di latte
  • 150 ml di acqua
  • 25 g di lievito di birra
  • 10 g di sale
  • 10 g di zucchero
  • 40 g di strutto

Per il ripieno:

  • un tuorlo d’uovo
  • mozzarella fior di latte
  • salsa di pomodoro
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
  • origano
  • olio di semi di girasole per friggere

Preparazione:

  • Per preparare l’ impasto dei calzoni, su una spianatoia setacciate la farina a fontana insieme al sale; nel frattempo mettete a riscaldare leggermente il latte e l’acqua insieme: dovranno essere tiepidi.
  • Unite all’interno lo zucchero e il lievito e poi cominciate ad incorporare man mano alla farina, impastando continuamente. A questo punto aggiungete anche lo strutto continuando sempre a lavorare il composto fino a che non diventerà compatto. Cospargete l’impasto con dell’olio d’oliva e lasciatelo lievitare in una ciotola fino a che non sarà raddoppiato di volume (ci vorranno all’incirca dalle 3 alle 5 ore)
  • Nel frattempo, preparate il ripieno. Tagliate la mozzarella a cubetti molto piccoli e in una ciotola mescolate insieme la mozzarella e la passata di pomodoro; salate e insaporite con l’origano. A lievitazione ultimata, riprendete l’impasto e ricavate da questo all’incirca 15 palline che andrete a stendere con il mattarello fino a far raggiungere ad ognuna di queste il diametro di 13 – 15 cm e lo spessore di circa 3 mm.
  • Farcite ora il centro di ogni disco con il ripieno di passata di pomodoro e mozzarella che avete precedentemente preparato, sigillate i bordi dell’impasto con il tuorlo d’uovo sbattuto, chiudetelo a metà, formando così una mezzaluna e schiacciate bene sui bordi con le dita, per evitare che il calzone si apra durante la cottura e fuoriesca il ripieno.
  • Lasciate lievitare per un’altra ora i calzoni e poi friggeteli in una pentola con abbondante olio bollente, fino a che non saranno diventati di un bel colore dorato. Scolateli su carta assorbente e serviteli caldi! Non vi è venuta l’acquolina? Buon appetito!

Il caffè in Italia è una vera e propria arte, rappresenta la pausa perfetta e un’occasione di socialità a cui difficilmente riusciamo a rinunciare. Oltre al famoso caffè napoletano, anche il caffè leccese ha la sua fama e quasi sicuramente chi si trova a visitare il Salento assaggia questo gustoso caffè con latte di mandorle. Nella ricetta del caffè leccese, infatti, oltre al caffè si utilizza il latte di mandorle, una bevanda che sempre più persone, non solo gli intolleranti al lattosio, amano gustare.

caffè leccese
caffè leccese ©Neyya via Canva

Preparazione

  • Si inizia con il preparare il caffè nella moka o nella macchina per l’espresso: l’importante è che si tratti di una miscela di buona qualità perché tutto parte da qui.
  • Poi si passa al ghiaccio che è un altro simbolo di questo caffè. In un bicchiere capiente aggiungere qualche cubetto di ghiaccio, quindi il caffè appena preparato. Infine, aggiungere il latte di mandorle (in genere possono bastare due cucchiaini per non coprire troppo il gusto del caffè).
  • Esiste anche la versione “soffiata” del caffè leccese che consiste nell’utilizzare il getto di vapore della macchina elettrica per caffè per montare il caffè insieme al latte di mandorle.

Si può gustare da solo oppure accompagnato da un dolcetto come un pasticciotto leccese.

Curiosità e origini del caffè leccese

Il caffè leccese nasce a metà del ‘900 ad opera di Antonio Quarta, un componente della famiglia di torrefattori salentini Quarta.

Questa bevanda però esiste anche nel resto del mondo con alcune varianti: c’è la “Cà Phê Đá” del Vietnam realizzata con caffè, ghiaccio e latte condensato.

In Sud America, invece, esiste una bevanda tipica chiamata “Cafè Helado” preparata con caffè, crema chantilly, cannella, semi di bacca di vaniglia, dulce de leche e frutta secca (una variante un bel po’ più sostanziosa del caffè leccese).

Qualsiasi sia la vostra versione, bere il caffé é sicuramente un’occasione di convivialità e socialità. Condividi questa ricetta con i tuoi più cari amici e parenti!

Tra le diverse specialità casearie che contribuiscono indubbiamente a rendere importante e famoso il nome della Puglia in Italia e all’estero, troviamo un vero e proprio classico di questa regione del Mezzogiorno, vale a dire, la burrata pugliese. Sebbene sia prodotta anche nella vicina Basilicata, si può ritenere che la più nota burrata sia quella di Andria. Qui, la burrata ha pure ottenuto l’indicazione geografica protetta (IGP), alla quale si affiancano altre varianti tanto della Murgia quanto di altre aree pugliesi.

burrata pugliese
burrata pugliese ©StudioP via Canva

Il suo nome potrebbe far pensare al burro, tuttavia, non ci si deve lasciare trarre in inganno in questo senso: la burrata pugliese è ottenuta da latte vaccino, e si contraddistingue per la sua consistenza decisamente più morbida e anche caratterizzata da una componente filamentosa. È quindi la natura morbida ad essere richiamata tramite il nome di questo formaggio. All’interno della stessa burrata troviamo l’altrettanto famosa stracciatella, costituita da mozzarella sfilacciata e da panna fresca artigianale, mentre l’involucro esterno è costituito dalla pasta filata. Questo formaggio si caratterizza anche per il suo aspetto che ricorda un sacchetto, considerando come sia presente un nodo a racchiudere tutta questa bontà.

Le origini della burrata pugliese

Si potrebbe pensare che l’origine di questa specialità pugliese sia da ricercare in un passato molto lontano: invece, la burrata è nata nel 1956. Quell’anno fu contraddistinto da nevicate straordinarie nelle Murge, e proprio nell’area compresa tra Andria e Castel del Monte, Lorenzo Bianchino, attivo a quel tempo presso la masseria Piana Padula, ebbe un’intuizione geniale. Con le strade innevate, quest’ultimo decise di replicare quanto fatto con le manteche, un altro formaggio famoso, con la burrata, vale a dire, conservare la stracciatella all’interno di una sorta di sacchetto preparato con la pasta di mozzarella. Per evitare quindi che il latte e i suoi preziosi derivati fossero irrimediabilmente gettati a causa delle difficoltà di approvvigionamento della città, il signor Bianchino inventò un nuovo tipo di formaggio, che divenne poi famoso nel nostro paese e quindi anche nel resto del mondo.

La preparazione

Questo tipico formaggio pugliese viene prodotto su tutto l’arco dell’anno, seguendo delle modalità di preparazione di tipo artigianale, che lo rendono uno degli esempi più significativi dell’arte casearia di questa regione del Mezzogiorno.

  • Per prima cosa, si procede ad innalzare la temperatura del latte crudo fino a 35-37 gradi.
  • In seguito, lo stesso latte viene lasciato fermentare naturalmente con fermenti ad hoc, oppure, con acido citrico o lattico. La fermentazione termina al raggiungimento di un pH compreso tra 6.1 e 6.2.
  • A questo punto, la preparazione procede tramite il processo di coagulazione, tramite l’impiego di caglio, che deve avvenire in alcuni minuti.
  • A questo punto, si rompe la cagliata e sia lascia riposare il prodotto ottenuto perché il siero possa sgrondare.
  • Quindi subentra il processo di filatura, tramite acqua bollente (talvolta salata).
  • Dopo la lavorazione, la pasta filata deve essere sfilacciata per essere unita alla panna liquida, per preparare la stracciatella, che rappresenta il cuore della burrata.
  • Una parte della pasta filata viene quindi sfruttata a questo punto per creare i caratteristici “sacchetti”.

Per assaporare nel migliore dei modi questo formaggio pugliese, dovrete accertarvi della freschezza della vostra burrata. Non è infatti di facile reperibilità in ragione delle difficoltà nel trasporto. Un buon abbinamento è rappresentato dalla consumazione con i pomodori, avendo cura di servire la burrata con un leggero filo di olio extravergine di oliva. Un’altra maniera di assaporare questa specialità pugliese è sicuramente in delicate bruschette, oppure torte salate, piatti di pasta e involtini.

Le bombette pugliesi sono dei piccoli (3-5 centimetri) involtini di carne fatti con delle fettine di capocollo (coppa di maiale) arrotolate su sé stesse, condite a seconda dei gusti, infilzate nel classico spiedo sottile e arrostite. Generalmente sono ripiene di pezzetti di formaggio canestrato pugliese, sale, pepe e a volte prezzemolo.

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Bombette pugliesi

Il termine “bombette” è chiaro circa l’esplosione di gusto che avviene nel gustarle. Le origini di questa preparazione, pezzo importantissimo della tradizione alimentare pugliese, risalgono agli anni ’60 quando alcune macellerie locali cominciarono a proporle come cibo cotto al momento e da consumarsi anche in loco, in un ambiente pubblico che diventava quasi familiare quando, assieme alle carni del banco scelte sul momento, si accompagnava il pasto con del buon vino rosso. Da allora la loro fama le ha rese ricercate ed amate da tutti. Le bombette sono generalmente cotte alla griglia o nei classici fornelli di cui alcune macellerie sono ancora dotate. Servite spesso come cibo da strada, si accompagnano ottimamente con una buona fetta di pane locale.

Le bombette sono tipiche delle macellerie e bracerie (dal tradizionale metodo di cottura) di Bari, Brindisi e Taranto, città nelle quali è facile poterle consumare appena arrostite, o acquistarle per poi cuocerle a casa. In molti associano l’origine geografica di questa specialità al territorio della Valle d’Itria e si sostiene che al di fuori dei confini pugliesi, le bombette siano quasi sconosciute.

Varianti delle bombette pugliesi

Le tradizionali bombette pugliesi sono ripiene quindi di pecorino o caciocavallo e condite con poco prezzemolo. Tuttavia ne esistono diverse varianti sparse sul territorio della Puglia e di altre regioni limitrofe, ricette custodite da ogni singolo macellaio che rivendica la propria maestria proponendo la propria bombetta “della casa”. Tra le più diffuse vi sono quelle senza “ripieno”, semplicemente condite con sale e pepe, oppure quelle avvolte con fettine di pancetta; altre versioni contemplano l’aggiunta del prosciutto cotto o della carne trita al ripieno di formaggio, fino ad arrivare a quelle piccanti.

Il biscotto di Ceglie (in dialetto salentino “U Pesquet”) è un tipico biscotto di Ceglie Messapica, una città in provincia di Brindisi. È una ricetta che fa parte della tradizione contadina, infatti si racconta che durante i matrimoni o i banchetti più importanti, venissero preparati questi biscotti da offrire agli invitati. Sono preparati con le mandorle, frutti locali molto utilizzati nella cucina, e ripieni di marmellata: proprio per questo, è possibile trovarli nei forni del paese con marmellata di uva, ciliegia, fichi o mele cotogne. Ma il biscotto cegliese si può preparare anche in casa, utilizzando semplici ingredienti per ottenere dei dolcetti dal gusto e dal profumo delizioso. Sono perfetti per accompagnare il te o per fare merenda ma anche da regalare a chi si ama. Tanta è la bontà di questi biscotti che è stato loro conferito il riconoscimento di Presidio Slow Food.

Biscotto di Ceglie Messapica
Biscotto di Ceglie Messapica

Come preparare il biscotto di Ceglie

La ricetta del biscotto di Ceglie si tramanda di generazione in generazione, una preparazione a base di ingredienti genuini molto facile da realizzare in casa.

Ingredienti:

  • 1 kg di mandorle tostate
  • 150 g di marmellata (a piacere)
  • 500 g di zucchero semolato
  • 4 uova intere
  • 1 limone
  • 50 g miele
  • 10 ml di rosolio di agrumi (un tipico liquore a base di alcol, acqua, zucchero e agrumi come limone, bergamotto, cedro e mandarino).

Procedimento:

  1. Tostare le mandorle in forno, quindi macinarle tagliandole in pezzettini grossolani (fare attenzione a non ridurle in farina).
  • Impastare le mandorle con zucchero, miele, buccia di limone grattugiata, uova, aggiungendo a poco a poco anche il rosolio di agrumi, fino ad ottenere un impasto omogeneo e non appiccicoso.
  • Stendere l’impasto sulla carta da forno e, su un bordo, spalmarci la marmellata; quindi richiudere, ripiegando la striscia, lasciando la confettura nel centro.
  • Con un coltello realizzare i biscotti a forma irregolare (come dei cubetti di circa 4 cm) e disporli su una teglia rivestita da carta da forno.
  • Cuocere per 15-20 minuti in forno preriscaldato a 160-180°.

Se si gradisce, una volta cotti, i biscotti di Ceglie possono essere ricoperti con una glassa fatta di zucchero e cacao, chiamata “Gileppo”. Per prepararla occorrono:

  • 1 l di acqua
  • 1 kg di zucchero
  • 100 g di cacao amaro

In una pentola aggiungere l’acqua con lo zucchero e far cuocere fino a che quest’ultimo non fili. Far raffreddare mescolando fino a che la crema non diventi bianca. Far sciogliere la glassa a bagnomaria, aggiungere il cacao e mescolare bene fino a che diventi una glassa con cui glassare i biscotti di Ceglie.

Il Salento possiede alcune delle più belle masserie, molto antiche e immerse nel silenzio della campagna, che si sono trasformate in aziende di produzione bio, circondate dagli alberi di ulivi. Tra queste, l’Agriturismo Torrevecchia ne è un’esempio.

Agriturismo Torrevecchia
Agriturismo Torrevecchia San Pancrazio Salentino

Il loro fascino è indiscutibile, non solo spiagge e mare stupendi, ma anche passeggiate tra gli ulivi e degustazione di cibi genuini. Natura, archeologia e architettura si sono mescolate per dare origine a un paradiso in terra, in cui passeggiare lungo antichi sentieri e venire a contatto con la bellezza della natura ti porta a rivivere un passato che spesso dimentichiamo.

Le masserie in Puglia erano aziende agricole fortificate, oggi invece, meravigliosamente ristrutturate, sono diventate una meta alternativa per il turismo e per una vacanza diversa orientata al relax e al legame con il territorio. Quest’ultimo, per alcune di esse, è diventato simbiotico: è il caso delle bio masserie, come l’Agriturismo Torrevecchia.

La masseria

Mentre mi dirigevo verso la loro struttura, situata in periferia, appena qualche chilometro fuori da San Pancrazio Sal. no (BR), sulla via per Avetrana, mi sono presa un po’ di tempo per godermi la tranquillità, quasi travolgente, che emanava il paesaggio e la sua infinita bellezza: non potevo far altro che ammirare il calore della pietra dei muretti a secco dei piccoli sentieri e i colori tenui della campagna circostante, contribuendo a creare un’atmosfera di tranquillità e relax, immergendo i sensi nella pace della natura incontaminata.

Interni Agriturismo Torrevecchia
Interni Agriturismo Torrevecchia

Non appena si varca la soglia di ingresso della struttura, non puoi far altro che notare l’immensa distesa di terreno, 200 ettari. I proprietari sono già sul posto, intenti a prendersi cura dei vigneti, degli uliveti, orti, frutteti, delle produzioni cerealicole, degli allevamenti di ovini, bovini, caprini e animali da bassa corte, della meravigliosa serra florovivaistica e dei giardini. Ad accogliere gli ospiti con tanta cortesia e gentilezza c’è Chiara, figlia dei proprietari, che mi ha raccontato la storia dell’agriturismo.

Le stanze dell’Agriturismo Torrevecchia

Torrevecchia è una tipica e straordinaria costruzione rurale, simbolo e monumento della civiltà contadina risalente al 1300, sebbene documentazioni dimostrano l’esistenza sin dal 1275, inoltre nell’opera di restauro si è prestato grande attenzione affinché il pavimento con le sue “chianche” tipiche del Salento e le imponenti pareti di pietra tufacea impreziosite dalle volte a botte e a stella, riportassero alla luce l’autentica atmosfera dei tempi antichi.

Camera Agriturismo Torrevecchia
Camera Agriturismo Torrevecchia

Testimoni, sono le camere e le grandi sale del ristorante, la quale all’interno custodiscono oggetti veri e autentici in legno, ferro battuto e ceramiche di inestimabile valore.

L’originario camino dalle grandi dimensioni, presente all’ingresso della masseria, accoglie gli ospiti accompagnandoli nel cuore dell’antica dimora. Affacciate sulla vecchia “corte”, le antiche stanze destinate ai “massari”: coloro che lavoravano e risiedevano presso la stessa masseria, sono diventate delle ampie e confortevoli camere da letto, per garantire il giusto comfort senza però sacrificare lo stile tradizionale del luogo. Mentre, immerse nel verde, affacciate sulla grande piscina, troverete le nuove camere dai colori pastello. L’Agriturismo Torrevecchia offre la possibilità di scegliere la tipologia di alloggio che più rispecchia le esigenze dei suoi ospiti.

A disposizione, una bellissima piscina semiolimpionica che domina il verde del posto, aperta da giugno sino alla prima settimana di settembre. Potrete vivere esperienze di relax e aggregazione a bordo vasca, magari degustando un bicchiere di buon vino della casa! Durante le belle giornate potrete prendere il sole sull’ampia terrazza-solarium, attrezzata con lettini ed ombrelloni o noleggiare bici per godere del panorama. Nella zona, a pochi metri, un’antica cripta chiamata “Grotta dell’angelo” risalente al VII sec d. C. con funzione sacra, ricca di affreschi bizantini, dona alla struttura un tocco artistico-culturale.

I prodotti della masseria

Sono stata poi, invitata da Chiara a fare un tour nei posti dove tutto prende vita: vedere gli animali ben curati all’interno delle loro stalle e lasciati liberi, mi ha fatto capire quanto significhi per loro agire nel rispetto della natura e nell’autenticità del prodotto. É proprio da qui, che nascono quei prodotti freschi: dal cacio ricotta alla “giuncata”, la ricotta “forte” e a seguire i formaggi freschi, il pecorino dal gusto più deciso, sino ad arrivare al “primo sale” ed altri ancora…

Prodotti Agriturismo Torrevecchia
Prodotti Agriturismo Torrevecchia

La freschezza degli ortaggi colti direttamente dall’orto che, seguendo la stagionalità, si alternano nei campi, la varietà dei formaggi tipici, le carni degli allevamenti assieme all’olio evo con annesso frantoio, il Negroamaro e il Primitivo di loro produzione e la pasta di “grano duro”, costituiscono gli ingredienti principe della nostra cucina.

Al mattino, sei inebriato da un’esplosione di profumi che ti conducono nella sala adibita per la colazione. Qui una lunga tavolata ben curata e studiata nei minimi dettagli, offre agli ospiti, cereali, frise, taralli, gustose marmellate, accompagnate dalle fragranti torte appena sfornate e dai biscotti preparati seguendo le tradizionali ricette di famiglia. A seguire il profumo del latte fresco di mucca, ingrediente magico per un caldo e cremoso cappuccino.

All’ interno della struttura, si organizzano dei laboratori didattici, il quale si invitano i piccoli ospiti a conoscere la vita nei campi e della masseria, per un contatto diretto con gli animali, le colture, gli spazi aperti e le tradizioni rurali dense di emozioni.

Un viaggio alla scoperta della vita nel mondo contadino all’insegna della gioia e del rispetto dei tempi della natura.

L’agriturismo Torrevecchia garantisce un soggiorno rilassante, immersi nella tranquillità della campagna salentina, tra esperienze enogastronomiche e realtà culturali tutte da scoprire!

Oggi vorrei portarvi nel silenzio dell’entroterra salentina, in un posto tranquillo nel verde per godere al massimo di questo momento. Immerso nella natura dei caldi colori della campagna salentina, sorge il B&B Borgo Fiore Country House, circondato da maestosi e secolari uliveti alternati da vigneti e alberi da frutto; un’oasi di pace e di tranquillità, un luogo protetto dal traffico e dalla frenesia.

Situato in un’area strategica, a pochissimi chilometri da Lecce, il B&B permette ai suoi ospiti di raggiungere i principali centri artistici comodamente.

Esterno B&B Borgo Fiore Country House
Esterno B&B Borgo Fiore Country House

Borgo Fiore Country House: la struttura

L’antico borgo nasce dal recupero e dal restauro di una antica casa di campagna, del quale sono stati conservati i materiali autentici e parte della originaria struttura caratterizzata da camere calde ed accoglienti, un ampio salone con camino, soffitti con travi a vista, muri e pavimenti in pietra originale che risalgono al ‘900. L’edificio trasmette così tutto il fascino della tradizione, conservando un sapore rustico e antico, anche se provvisto di tutti i comfort moderni.

Sala comune esterna B&B Borgo Fiore Country House
Sala comune esterna B&B Borgo Fiore Country House

La struttura è dotata di ampio parcheggio privato ed esterno, il quale potrete lasciare senza problemi il vostro mezzo di trasporto. Una volta arrivati, ci si entra attraverso una piccola porticina, e da lì sarete ammaliati dalla varietà di colori che dipingono questo grande giardino, arricchito da alberi e da piante ornamentali, nel quale sarà possibile rilassarvi e prendere il sole nella più assoluta tranquillità e riservatezza e godervi un rinfrescante bagno nella favolosa piscina, dove far giocare i bambini in tutta sicurezza. L’ampio portico vi accoglierà nella sala grande adibita alla colazione, ma anche nelle camere strutturate nelle varie zone della casa.

I servizi offerti

Il B&B comprende 13 camere, matrimoniali, doppie, triple e camera famiglia in grado di ospitare 4/5 persone. Tutte le stanze sono luminose ed accoglienti e dispongono di servizi privati con doccia, tv e rete wi-fi gratuita, ognuno arredato con un gusto tipicamente salentino.

Camera B&B Borgo Fiore Country House
Camera B&B Borgo Fiore Country House

Il momento più importante è quello della colazione, che si serve di prodotti nostrani direttamente fatti in casa, dal sapore unico e genuino. Il buffet viene servito nella sala grande della casa rurale o all’aperto, sotto il portico, dove potrete rilassarvi, godendo di una fantastica vista sulla campagna circostante. Le specialità? Vari tipi di ciambelle, crostate, dolci e biscotti, l’immancabile pasticciotto salentino, nonché ottimi croissant e cappuccini oltre che caffè, succhi di frutta, marmellate, nutella, miele, pane e fette biscottate.

Inoltre, il borgo è provvisto di una piccola cantina di produzione propria, con la possibilità di sorseggiare un buon vino della casa; un inscindibile rapporto tra prodotti di qualità e vino, che rende omaggio a questa meravigliosa terra.

Piscina B&B Borgo Fiore Country House
Piscina B&B Borgo Fiore Country House

Scegliendo Borgo Fiore Country House si ha il vantaggio di trovarsi in zone verdi e incontaminate, prive del caos e dell’inquinamento presente nella maggior parte delle spiagge o delle piscine pubbliche. Inoltre, si respira un’atmosfera di autentica ospitalità e accoglienza familiare, adatto per vacanze ecologiche e sostenibili, di chi ama il mangiare sano e tradizionale, di chi ha bimbi e di chi vuole rilassarsi!

Il B&B Salento Sun Sea, si trova nel cuore di un piccolo e caratteristico borgo del Salento, precisamente a San Pancrazio Salentino, punto strategico in quanto distante pochi chilometri da Porto Cesareo, Porto Selvaggio, Riva degli Angeli, Punta Prosciutto sullo Ionio, nonché Brindisi con il Parco Marino di Torre Guaceto sull’Adriatico, da Lecce, città del barocco, Taranto, capitale della Magna Grecia e custode degli ori più famosi del mondo. Tutte mete raggiungibili in una trentina di minuti!

Bed breakfast Salento Sun Sea
Bed breakfast Salento Sun Sea

L’atmosfera del B&B Salento Sun Sea

Qualche giorno fa, sono stata invitata da Denise, mia carissima amica, nonché titolare della gestione del b&b, a conoscere il posto.

La sua posizione, nelle vicinanze del centro storico del paese, ti permette di raggiungerlo anche a piedi, oppure parcheggiando l’automobile nel parcheggio riservato agli ospiti.

Non appena ho aperto la massiccia porta di legno dell’ingresso principale e varcata la soglia, sono stata come immediatamente catapultata in un altro luogo.

La casa, oramai ristrutturata, ci riporta a rivivere quell’atmosfera di un tempo, quando le numerose famiglie vivevano insieme. Un luogo di aggregazione, di ritrovo e di serenità.

Qui, persino le pietre che rivestono le colonne portanti e gli archi, sembrano emanare un’atmosfera di romanticismo ed eleganza. I soffitti alti con le volte a stella e l’imponente scala sulla sinistra sono esempi di una bellezza senza tempo che non passa di moda.

L’ingresso del bed and breakfast sembra preannunciare le sorprese che attendono gli ospiti al piano di sopra, con una lunga scala. Non appena ho cominciato a salire, mi sono immersa nella gradevole atmosfera e nel pacato silenzio del posto.

All’ ingresso, mi ha accolto il caldo sorriso di Denise, proprio come accade ai suoi ospiti non appena ne varcano la soglia. É una persona molto energica e si può dire che ama molto quello che fa. Il suo entusiasmo mi ha letteralmente contagiata, mostrandomi con orgoglio l’impegno e la passione che ci mette nel suo lavoro.

I servizi dei B&B Salento Sun Sea

Sono stata ospitata nella prima stanza, fulcro della casa, il quale ad accogliere i clienti è un gran bel camino che d’inverno viene acceso per un’atmosfera più calorosa. É qui che la colazione, momento importante, viene servita da Denise che si impegna a prepararla ogni mattina, a partire dai dolci fatti in casa, come torte, ciambelle, crostate e biscotti, che ho potuto assaggiare durante la nostra conversazione, o una colazione salata a base di salumi, formaggi, taralli, ecc. Inoltre su richiesta, può essere servita una colazione vegan o per intolleranti, il tutto nel pieno rispetto della genuinità e di benessere nei confronti dei suoi ospiti.

colazione Salento Sun Sea
Colazione Salento Sun Sea

Nelle soleggiate giornate estive, sul terrazzino di fronte alle camere, viene montato un grande gazebo e sistemato, per accogliere gli ospiti nel momento della colazione o trasformato in una zona eventi.

Nella stessa stanza adibita per le colazioni, vengono organizzati anche video conferenze, presentazioni di progetti e corsi di videosorveglianza e allarmi e di fotografia.

E se avete necessità di dilungare il vostro soggiorno e non sapete come muovervi per pranzo o per cena, non preoccupatevi! Su richiesta, sarà Denise a consigliarvi un ristorante, convenzionato dalla struttura.

Le camere della struttura

Offertomi il caffè, Denise mi parlava inoltre, delle varie ceramiche di Grottaglie che popolano le varie stanze, tra cui i maestosi applique nell’atrio della struttura che illuminano, creando un particolare gioco di luci e di alcuni quadri che attraverso i colori caldi e terapeutici, trasmettono un senso di serenità e di bellezza che solo il nostro Salento sa offrire!

Camera Salento Sun Sea
Camera Salento Sun Sea

Le 6 camere sono ben distribuite sui due piani, 2 al pian terreno di cui una matrimoniale con bagno interno e una camera con letto singolo, mentre 4 al primo piano: una camera singola con balcone e con bagno privato esterno e 3 camere matrimoniali con bagno privato, di cui una è suite matrimoniale con una comoda area salotto con annessa terrazzina che si affaccia sulla cittadina.

Nelle camere prevalgono colori tenui e delicati che evidenziano l’arredamento moderno in perfetta armonia con l’esterno antico e ben ristrutturato.

Tutte le camere sono dotate di tutti i comfort: aria condizionata, TV a schermo piatto con canali satellitari, set di cortesia, asciugacapelli, bollitore elettrico.

Inoltre, come ospiti del Salento Sun Sea, potrete usufruire della connessione wi-fi gratuita in tutte le aree.

L’atmosfera e l’ospitalità del B&B vi offriranno un soggiorno rilassante ed accogliente in un piccolo paesino a pochi passi dal mare!

Quello che vorrei raccontarvi sembrerebbe una fiaba che comincia con un: “C’era una volta.” Ma, in realtà, questo luogo fantastico esiste per davvero e il protagonista è un artista che vive a Guagnano, a 20km da Lecce. Si scorge in lontananza, nascosto tra vigneti e alberi di ulivo, un luogo “sacro” e di pace, dove l’arte prende vita: la casa di Vincent Maria Brunetti, meglio nota come VINCENT CITY. L’eremo è una via di mezzo tra le architetture di Gaudì e la casa di Hansel e Gretel: un luogo fuori dal tempo, dove l’arte diventa balsamo per l’anima. Qui la bellezza è ricca di colori, sfumature, dove ogni linea dà volto ai sentimenti dell’artista, ricamando le sue idee, i suoi pensieri, incastonati come coloratissime gemme lungo le pareti di ingresso. Un luogo voluto per raccontare il mondo interiore del suo fantasioso creatore: mosaici, icone, sculture e quadri decorano l’edificio.

Eremo di Vincent
Eremo di Vincent ©www.viaggifuorirotta.it

Vita di Vincent Maria Brunetti

Vincent Maria Brunetti
Vincent Maria Brunetti

Vincent Maria Brunetti, uno dei personaggi più emblematici del panorama artistico meridionale, denominato anche la “libellula del sud” è uno dei pochi pittori, che ha fatto della sua vita una protesta, che è riuscito a svincolarsi dal “sistema” e dalla morsa dei galleristi, critici ed associazioni artistico culturali, costruendo il suo piccolo regno.

Artista, pittore, scultore nato a Guagnano (LE) il 3 Dicembre 1950, fu colpito in giovane età dalla poliomielite riesce a recuperare le forze tramite la cura di Mariano Orrico, ideatore di “Lamina Bior”, secondo il quale ogni genere di malattia può essere sconfitta con il principio dell’elettricità statica. Proprio grazie a questo metodo Brunetti ha potuto recuperare la sua gioia di vivere, che oggi riesce ad esprimere tramite la sua danza propiziatoria. Brunetti è stato artista bohémien a Milano, dove nel 1970 gli è stato conferito l’Ambrogio d’oro. La sua arte è stata apprezzata e incoraggiata da Giacomo Manzù e Arnaldo Pomodoro che lo ha accolto come apprendista nella sua bottega. Si è poi raccolto in ritiro spirituale durante il quale ha avuto un’ispirazione e, tornato nel Salento, nel 1993 ha costruito Vincent City.

La costruzione della struttura ha causato non poche difficoltà dal punto di vista burocratico e l’artista è stato arrestato per abusivismo edilizio. La condanna non lo ha però fermato e la sua “casa” risulta attualmente un cantiere in continua evoluzione. Qui l’artista accoglie mensilmente centinaia di appassionati e curiosi che, oltre a visitare la casa-museo, acquistano le sue opere e godono spesso dello spettacolo che l’estro e la sana follia del maestro regalano. Il suo sorriso coinvolge e cattura. Sembra che sprigioni un’intensa energia, l’energia di cui Vincent si dice posseduto dopo la poliomielite. Molti lo definiscono un artista eccentrico ed esuberante, alcuni lo considerano un abile imprenditore, altri non approvano la sua condizione abusiva, ma di certo Brunetti risulta un personaggio sopra le righe attorno alla cui figura aleggia un alone di fascino che è la chiave del suo successo.

Vincent Maria Brunetti
Vincent Maria Brunetti

Intervista

Visitare la casa museo e conoscere Vincent, un personaggio folle e straordinario, è stata un’esperienza unica. Un incontro con Vincent Maria Brunetti non è solo un incontro con un artistico eclettico e stravagante ma è l’incontro con un’anima. Dopo aver vissuto e lavorato per più di 20 anni a Milano, ha deciso di abbandonare la vita corrotta e mercificata della metropoli, per fare ritorno nel suo luminoso Salento, dove oggi conduce una vita eremitica. “Ho sentito il bisogno di isolarmi per capirmi meglio, per conoscere e per dare, così, il meglio di me agli altri…sotto forma di arte”. Completamente disinteressato al mondo esterno, l’unico obiettivo di Vincent è quello che la gente che frequenta la sua casa, goda della bellezza. Ogni giorno è un giorno aperto alla felicità, un’avventura giornaliera per un viaggio che, come lui stesso mi ha confidato, si concluderà nel 2090 (quando se ne andrà volando!).

1. Chi é Vincent Maria Brunetti? Come è nato questo nome?

“Il nome Vincent è nato (mi è stato attribuito) da un gallerista di Milano, Roberto Margara, che lo conoscevo da quando avevo 23-24 anni, poi ho avuto una crisi esistenziale a seguito ad un incidente stradale e da lì, mi allontanai da Milano per molto tempo. Passato questo brutto periodo, ritornai e reincontrai questo gallerista, il quale mi promise che avremmo fatto una mostra di quadri. Lui mi disse che per la mostra sarebbe servito un altro nome: Vincent (molto probabilmente in memoria del grande Vincent Van Gogh). La mostra non si fece più, ma quel nome mi rimase nel cuore. Da allora tutte le persone che abitavano vicino casa mia, i familiari hanno iniziato a chiamarmi così! é nato tutto per gioco…e adesso non posso più tradire questa realtà!”

2. Come é nata l’esigenza di costruire l’eremo, la sua casa?

“Dopo che ho avuto la crisi esistenziale, ho fatto 10 anni di vita mistica, religiosa. Mi sono scontrato con delle realtà negative, anche con il sistema della chiesa. Sognavo una chiesa colorata, dove non ci fosse la sofferenza, avevo una visione gloriosa della fede; anziché vedere Gesù crocifisso, vedere Gesù risorto. Allora in questa resurrezione mi è venuta l’idea di creare per lui, una chiesa nuova piena di colori, che sia in contrasto con il vecchio. Io sono “figlio del nuovo” non posso stare sul già fatto di un altro. Su questo fazzoletto di terra ho visto un “nuovo mondo”, l’ho immaginato e da lì ho visto il paese con la chiesa che però l’ho consacrata all’ arte. L’idea me l’ha data papa Wojtyla, quando disse che un giorno il mondo sarà guidata dagli artisti; cioè un artista re, un re che sia vicino al suo popolo, che sia come la gente umile. L’umiltà, quindi la capacità di fare qualcosa per gli altri, uscire da me stesso per allargare l’animo mio verso l’umanità, quindi ho superato tutte le cose umane, la legge terrena. Ho superato anche la miseria, perché l’arte mi ha fatto principe! Sono consapevole di chi sono, sono consapevole dell’ampiezza della mia anima. Ho fatto tutto abusivamente, quando ancora si poteva fare, perché il Signore Dio mi ha predestinato in tutte le tappe della mia vita. E questa è l’espressione più bella della libertà, cioè l’artista re libero, non condizionato. Io ho fatto la casa solo per l’arte, una volta gli artisti lavoravano per i nobili, per i papi, per i re per poter creare. Io l’ho fatto da solo con le mie forze, per cui l’arte per l’arte fine a sé stessa! I quadri sono come dei figli per me, che vanno nel mondo per ampliare questo mio bisogno di bellezza, da far toccare anche agli altri. I quadri sono come delle sentinelle, delle bombe positive che entrano per immunizzare tutto il marcio che c’ è in giro.”

3. Cosa rappresenta l’arte per lei? Come é nata questa passione?

 “…avevo 8 anni, mio padre era in Francia a lavorare, era il 1958. Una sera mia madre (disegnava modelli perché era sarta) tracciò con una matita su un foglio il profilo di un volto umano. Quale meraviglia non fu per me quel disegno: fu una folgorazione. Era la prima volta che vedevo disegnare qualcuno e da lì giurai a me stesso che da grande avrei fatto l’artista. A 13 anni fui mandato in collegio e c’erano 4 materie: meccanica, legatoria, elettronico e fotografia. Scelsi fotografia, ma il mio professore Pompeo Melotti, artista anche lui, venne a sapere che ero appassionato di disegno. Da qui iniziai ad avere la passione per l’arte…è nato così, perché doveva succedere!”

Poi continua: “L’ arte rappresenta tutto! Io ho dato la vita per l’arte. Ho coltivato continuamente il culto della bellezza, ho avuto dei modelli sani, puliti, grazie anche ai miei educatori che erano cristiani. Ho spento la materialità per innalzare lo spirito. Quando ho scoperto la vita dello spirito, dell’anima, la mia vita è cambiata. E poi avevo un sogno, quello di essere felice! Tutti gli amici di Milano dicevano che non si può essere felici, che la felicità è un momento. io dicevo no! Se è vero che la felicità esiste, vuol dire che deve esistere, si tratta solo di trovarla! La chiave è nel Vangelo, quindi, nella resurrezione. Il sacrificio è un momento, come il parto che è momentaneamente un dolore, ma che dopo diventa felicità con la nascita di una nuova vita.”

 4. Cosa vuole esprimere o suscitare attraverso i suoi quadri?

Interesse per l’arte. Noi abbiamo un sistema in Italia dove l’arte non è contemplata, perché si pensa che con l’arte non si mangia, che gli artisti sono pazzi e che l’arte è solo per gli intellettuali. Per me dipingere significa creare, suscitare emozioni e così facendo coinvolgo la gente nell’atto creativo, infatti sembra come fosse inebriata, entra in catalessi. Il mio scopo è quello di farla rilassare, di farla innamorare della bellezza artistica attraverso la cromoterapia, che salvifica. Quindi lo scopo è terapeutico, è una medicina per l’anima.”

5. Quanto ha influito il Salento, terra ricca di storia, arte e cultura, nella sua creatività?

È stata proprio la lontananza dalla terra natale che ha incentivato Vincent ad “infiammare” la sua tavolozza, carica dei colori della sua amata terra. “Altroché! Quando ero a Milano, sì… i quadri erano colorati perché mi portavo dentro il Salento, visto che Milano era molto grigia. É profetico il fatto che Dio abbia scelto il Salento per far nascere la mia casa. Qui, sempre a stretto contatto con la natura nascerà il nuovo e cioè io, ed è qui che guiderò tutti verso la libertà!”

Eremo di Vincent Maria Brunetti
Eremo di Vincent Maria Brunetti

L’eremo di Vincent Maria Brunetti

Il suo intimo bisogno di isolamento nasce dalla volontà di esplorare sé stesso, capirsi, conoscersi e donare agli altri l’essenza più pura e vera di sé. Lui vive lontano dal caotico e spasmodico vivere frenetico e spersonalizzato e del resto la sua arte è un antidoto capace di alleviare tutto ciò. Ed è proprio qui, nel cuore del Salento, in quella pace che solo la natura sa regalare, che nasce l’eremo di Vincent, una città immaginaria, un posto indescrivibile, colorato, “strano”, dal gusto kitsch, direbbero i più, realizzato con materiali di recupero e col frutto della genialità estremamente folle di quest’artista che dal ’93 affascina salentini e non con le sue peripezie.

Eremo di Vincent
Eremo di Vincent

É un’isola felice dove l’artista riesce a trovare ispirazione per le sue opere, dando sfogo al suo eccentrico modo d’essere, specchio del suo mondo interiore: creatività, leggerezza e bellezza, sono i messaggi che si riflettono in queste opere. La sua casa è un luogo aperto a tutti coloro, che vogliono curiosare e ammirare le sue creazioni; è un punto di riferimento importante per quanti, ancora, amano il bello e tutto ciò che di pulito e onesto esce dal cuore e dalle mani dell’uomo, che permette un vero rilassamento psichico, una “catarsi collettiva” per numerosissimi amanti dell’arte, la quale viene definita “una divinità che ha bisogno dei suoi profeti.” 

L’eremo è un luogo incantato, tra il fiabesco e l’inquietante ma ha un fascino particolare. Tutto ciò che contiene sembrerebbe non avere alcun senso ma è estremamente bizzarro ed inusuale. Inoltre è ricco di opere d’arte presenti all’esterno e all’interno, quasi a fare da guardia, impedendo alla modernità di entrare a sconvolgere l’equilibrio tanto desiderato. Qualcuno potrebbe trovarle eccessive e ridondanti, ma indiscutibilmente attraenti ed originali!  Nella casa museo si può trovare “tutto accostato a tutto “: il sacro e il profano, come dimostrano le riproduzioni di opere di soggetto religioso, accostate a quelle di statue pagane. Vi è, infatti, un duplice aspetto della personalità di Vincent: una fede molto salda e una forte propensione alla libertà, all’indipendenza.

Si possono trovare infatti, trasposizioni della Statua della Libertà, le Madonne cristiane, le torri gemelle, la Venere che emerge dalle acque, fiori, animali, così come paesaggi, poesie, addirittura peluche, che posiziona accanto ai volti dei grandi della storia, così per dare un tocco più “giocoso”. Impossibile non accorgersi delle tante decorazioni sgargianti e frasi misteriose, spesso criptiche impresse sulle pareti. Ogni angolo della casa è ricco di significati, poesie e dettagli che si allontano da lineari rigidi schemi, riuscendo a sorprendere i visitatori. Una straordinaria varietà coloristica e stilistica di piastrelle, utilizzate per la pavimentazione o per la composizione di mosaici, che rappresentano un puzzle capace di trascinare in un magico incanto, insieme a dipinti raffiguranti personaggi orientali e nature morte. I mosaici che coprono ogni superficie dello spazio sono, in realtà, opera di Orodè Deoro.

L’artista ha vissuto nella “Vincent City” per ben tre anni, dedicandosi all’arte pittorica e alla sperimentazione con il mosaico di ceramica. Le opere permanenti di Deoro sono moltissime: Il Trionfo di Bacco, Posters, Donna Ulivo e onda mediterranea, Mondoperapocalistoria (opera incompiuta), la penultima cena e molte altre ancora. All’interno è organizzata la mostra permanente delle opere del Brunetti, insieme con la pinacoteca dei suoi quadri in vendita.

Eremo di Vincent
Eremo di Vincent ©www.bari-e.it

Peter Pan salentino accoglie gli spettatori, seduto su uno sgabello intento a dipingere, correndo di qua e di là, in un forte bisogno di libertà.

Quella libertà che è nascosta nel cuore di ogni uomo e al suo “volo” esprime, il desiderio di liberarsi dal peso della materia (atteggiamento che gli è valso l’appellativo di “Libellula del sud”) trasportato dalla musica dance udibile anche dalla strada.

Luminoso e solare lo studio di Vincent Maria Brunetti, con tutti gli strumenti del mestiere a portata di mano.

Giorno dopo giorno l’eremo di Vincent Maria Brunetti cresce su sé stesso, suscitando stupore e perplessità. ll comune di Guagnano, che voleva abbattere tutto con l’accusa di abusivismo edilizio, deve oggi ammettere che si tratta di una delle sue maggiori attrattive. Vincent non è solo l’artista noto e stravagante che ha creato il tutto dal nulla, ma è un singolare connubio di genio e (s)regolatezza! Vincent Brunetti non sarà stato, certo, capace di cambiare il mondo, ma ne ha creato uno nuovo, uno alternativo, dove tutto è riciclato o si ricicla, dove lui è il sovrano indiscusso e i suoi quadri e la sua arte sono i guardiani del regno.

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Il Salento è conosciuto nel mondo, non solo per la bellezza dei suoi luoghi e la ricchezza dei suoi monumenti ma anche per il fascino delle sue tradizioni popolari. Il folklore salentino mantiene vive le proprie tradizioni, non solo attraverso il ricordo delle manifestazioni che si svolgevano un tempo in questi luoghi, e continuano a sentirle vive e attuali. La pizzica salentina e le tarantate rappresentano uno spaccato di vita di ieri e di oggi, sono l’orgoglio della gente che vive in questi posti che riesce, in modo molto naturale e spontaneo, a conciliare un mondo globalizzato con la propria identità locale.

Il fenomeno della pizzica parte dalla riscoperta e dalla valorizzazione della musica popolare salentina, assumono una grande importanza sociale e culturale, riuscendo a far radunare nelle piazze migliaia di persone trascinate dal suono del tamburello ed ipnotizzate dal ritmo incalzante delle ballate. Le pizziche sono diventate un motivo per ritrovarsi tutti insieme, giovani, anziani e bambini, per le strade, nelle piazze o sulle spiagge, per riscoprire la bellezza delle piccole cose e dei semplici gesti, per vivere momenti di unione e per comunicare con gli altri in modo istintivo, dimenticandosi dei problemi quotidiani.

Essa assume la forma di una valvola di sfogo, che sotto forma di danze e canti, si libera dal proprio corpo tutte le frustrazioni accumulate durante la propria quotidianità.

Pizzica salentina
Pizzica salentina ©www.turistiinpuglia.it

Il significato della pizzica salentina

È una danza popolare e come tutte le “arti popolari” nasce e si sviluppa nel popolo e dalle sue sofferenze, trae la sua forza vitale e ne diventa parte integrante. Le sue radici affonderebbero probabilmente negli antichi riti dionisiaci dei nostri avi e, attraverso i secoli, nel medioevo confluirono nel tarantismo. Quello del tarantismo è un fenomeno storico religioso che da allora si diffonde nella penisola Salentina sino al 700 ed oltre.

Era nelle calde ed afose giornate di giugno, o comunque d’estate, che alcune donne (prevalentemente donne) venivano punte dalla tarantola durante le messi (la mietitura del grano) e la reazione che ne derivava era uno stato malessere, di agitazione, e di inquietudine, sintomi che si alleviavano solo attraverso il suono del tamburello o del violino. La voce si spargeva allora e si radunavano in casa della malcapitata, i suonatori che al ritmo incessante dei loro diversi strumenti cercavano di carpire quale ritmo risvegliasse lo spirito della taranta. L’attarantata allora poteva ballare o semplicemente agitarsi forsennatamente, anche per vari giorni, fino a quando una volta pacata si poteva dire guarita.

Nel 1700 a Galatina si diffuse il culto per San Paolo che secondo la credenza, guariva gli attarantati: ogni anno l’appuntamento era a Galatina nella cappella di San Paolo il 29 giugno. Qui le attarantate di tutto il Salento venivano per essere guarite bevendo l’acqua benedetta del pozzo adiacente la cappella, accompagnate dai musicanti-terapeuti. Ballavano la pizzica lasciandosi trasportare dal suono del tamburello e dei violini, mimando i movimenti della tarantola, libere da condizionamenti. Il tutto era rappresentato sino all’eccesso, lo stato di depressione ed agitazione, l’isteria, lo stato di torpore, le urla. Ma alla fine il Santo faceva il miracolo.

Il ruolo della pizzica come fenomeno popolare nel Salento

Il periodo delle tarantate era naturalmente quello estivo, ma via via che il fenomeno e la musica entravano nel folklore salentino, la pizzica cominciò ad essere suonata, cantata e ballata tutto l’anno in ogni occasione pubblica o festiva. Alle “tarantate” si sostituirono poi ragazze in costumi folkloristici, esperte di questo ballo seducente. Nata quindi dal rito pagano dell’esorcismo delle “tarantate”, la pizzica ha progressivamente acquisito autonomia come forma ritmica e musicale, e soprattutto come fenomeno popolare.

Delle pizziche originali oggi sono rimaste vive solo tre forme:

  • la pizzica taranta o pizzica-pizzica: si balla in coppia, non necessariamente formata da individui dello stesso sesso;
  • la pizzica de core: ballata da un uomo e una donna insieme;
  • la pizzica scherma: ballata solo dagli uomini.

L’ ultima curiosità riguardante la pizzica salentina è il fazzoletto: pare, infatti, che non appartenga alla tradizione della danza, ma che sia stato aggiunto in seguito, come ornamento. Le mani delle danzatrici si riempivano del rosso della sua stoffa per aggiungere colore alla coreografia di una danza già di per sé travolgente. A prescindere da quale possa essere la sua vera storia, il rosso di quel fazzoletto è di sicuro simbolo emblematico di un sentimento forte ed istintivo, come l’amore e la passione di cui si fa vessillo.

La pizzica salentina oggi: la Notte della Taranta a Melpignano

Difficile, in questi ultimi anni, individuare una festa o una sagra, specie nel periodo estivo, che non comprenda l’esibizione di gruppi di suonatori e ballerini di pizzica nelle sue varianti. Ancor più difficile elencare perciò le manifestazioni di rilievo che rinnovano il fascino di questo ritmo e di questa danza: a Melpignano, Acaya Torrepaduli, Galatina hanno luogo alcune delle rassegne più importanti, alle quali accorrono turisti e curiosi da tutta Italia per confrontarsi con gli esperti musicisti (tamburellisti, violinisti, chitarristi, suonatori di cupa cupa…) e ballerini del Salento.

Il 26 agosto a Melpignano il ragno pizzica il Salento con la “Notte della Taranta” che è il più grande festival d’Italia e una delle più significative manifestazioni della cultura popolare in Europa, oltre 100.000 spettatori ogni anno invadono la cittadina per una rassegna unica nel suo genere. 

La pizzica racconta la storia di un popolo, il modo di vivere semplice, i costumi, le credenze; si balla uniti da un rituale che trascende le generazioni, per sentirsi parte di una comunità, per integrarsi, per comunicare con la gestualità, per gioco o per amore, per toccarsi senza nemmeno sfiorarsi. La pizzica salentina è magia, è liberazione, è follia, è gioco di sguardi e di corpi che si inseguono, è danza cosmica e tripudio di suoni e di colori. Se vuoi capire un popolo ascolta la sua musica… cos’è la pizzica se non il battito del Salento?